Il poliedro in figura (si chiama ottaedro) è colorato a scacchiera: con questo intendiamo dire che è colorato con due colori, in modo tale che due facce che si toccano lungo uno spigolo hanno colori diversi, proprio come in una scacchiera.
Sapreste colorare a scacchiera anche un cubo?
Se sì, diteci come avete fatto.
Se pensate che non sia possibile, spiegate perché. Ma spiegatelo bene, in modo che possa capire anche un bambino della scuola primaria.
Soluzione
Non è possibile colorare un cubo a scacchiera, perché in ogni vertice arrivano tre facce (e già l’esistenza di anche un solo vertice in cui arrivino un numero dispari di facce basterebbe a impedire una colorazione a scacchiera).
Commenti
Il senso di questo problema è quello di instradare i ragazzi verso le argomentazioni; è facile che, dopo qualche tentativo, i ragazzi si convincano che non è possibile colorare un cubo a scacchiera, ma scrivere un ragionamento “pulito”, e comprensibile a un bambino della scuola primaria, non è cosa facile.
Il punto cruciale che la giustificazione utilizzata dovrebbe contenere è che in un cubo, intorno a un vertice, ci sono un numero DISPARI di facce (tre, per l’esattezza, ma per quel che segue importa solo che questo numero sia dispari). Considerando solo le facce che arrivano in un vertice, queste si dovranno alternare nei due colori disponibili e quindi si potrà “chiudere il ciclo” soltanto quando (come nel caso dell’ottaedro) attorno a ogni vertice arriva un numero PARI di facce.
Metacognizione
Quella di colorare un cubo a scacchiera è una richiesta impossibile. Esporre gli alunni anche a richieste di questo tipo dà loro l’occasione di imparare almeno due cose estremamente significative e “spendibili” in altri contesti, che vanno ben oltre il problema stesso.
La prima cosa che imparano, naturalmente, è che esistono problemi impossibili. Avere a che fare con problemi semplici da formulare ma impossibili da risolvere libera gli alunni da uno stereotipo che, invece, i “problemi” presenti sui libri di testo spesso rinforzano: ogni problema di matematica ammette una e una sola soluzione.
In secondo luogo, mentre, per dimostrare che qualcosa si può fare, basta mostrare che si è riusciti a farlo, dimostrare che qualcosa non si può fare richiede argomentazioni più profonde.
Non è sufficiente dire “Non si può fare, perché non sono riuscito a farlo” e nemmeno “Non si può fare, perché nessuno dei miei compagni è riuscito a farlo”. In altre parole ancora: per mostrare che una cosa è possibile, basta trovare un esempio; per mostrare che una cosa è impossibile, non servono esempi o controesempi, ma bisogna proprio esplicitare un ragionamento, capire che cosa c’è sotto, scoprire le motivazioni che rendono impossibile questa costruzione.
Un problema aperto
Altri poliedri
La necessità di un ragionamento per giustificare l’impossibilità rende questo problema difficile (anche se è facile convincersi che la colorazione richiesta è impossibile). È anche difficile, per l’insegnante, rendersi conto – magari da frasi contorte e male espresse – se un ragazzino ha davvero capito che cosa c’è sotto, ma ha solo qualche difficoltà nell’esprimersi e nello scrivere un’argomentazione pulita, o se invece sta proprio andando a tentoni. Una maniera naturale per verificarlo è quella di aprire il problema, e proporre ai ragazzini di cercare altri esempi.
In particolare, si può chiedere agli alunni di fornire l’esempio di un solido (diverso dall’ottaedro) che si possa colorare a scacchiera e quello di un solido (diverso dal cubo) che non si possa colorare a scacchiera.
Un “pretesto” che spesso si rivela stimolante e che può essere usato anche in questo contesto è quello di immaginare di formulare un gioco o un problema per un’altra classe.
Regioni del piano
Si può porre lo stesso problema anche per una figura piana: non c’è bisogno che le regioni da colorare siano le facce di un poliedro.
Per esempio, consideriamo i due disegni qui sotto. Nel caso di quello di sinistra si possono colorare a scacchiera in bianco e nero le regioni in cui il piano è diviso dalla curva (comprendendo la zona esterna colorata in bianco), mentre nel caso di quello di destra non è possibile: per giustificarlo, basta osservare che cosa succede intorno a un punto dove si incontrano 3 regioni.
Fra i possibili disegni che potremmo proporre ai ragazzi da colorare ci sono anche i due qui sotto (sulla sinistra).
È possibile che i ragazzi vedano una qualche analogia fra il primo disegno e un ottaedro e fra il secondo disegno e un cubo. In effetti, questa corrispondenza c’è, eccome!
I disegni non sono altro che una proiezione dello scheletro del poliedro da un particolare punto di vista: sembra che si perda una faccia, ma la si ritrova se si tiene conto della regione esterna illimitata. E non ci stupisce allora che il disegno corrispondente all’ottaedro si possa colorare a scacchiera con due colori, mentre questo non sia possibile per il disegno corrispondente al cubo.
Non c’è niente di male, naturalmente, se i ragazzi non notano questa analogia tra i due disegni piani e gli scheletri dei due poliedri: la riprenderanno eventualmente più avanti e qua possono utilizzare questi due disegni esattamente come i precedenti e come due qualsiasi disegni piani.
Se però i ragazzi notassero l’analogia e si incuriosissero, varrebbe la pena approfondire il discorso, provando per esempio a usare uno scheletro di cubo o di ottaedro (fatto di fil di ferro; o con cannucce e nettapipe…) e illuminarlo con una torcia per ritrovare sul muro i disegni piani che hanno suscitato questa curiosità.
Un problema di matematica con effetto sorpresa
A nostro parere in questo caso non è tanto il problema in sé a suscitare quello che abbiamo chiamato effetto sorpresa, quanto l’analogia che i ragazzi potrebbero notare affrontando, dopo “Colorare un cubo”, l’analogo problema nel piano, di cui si parlava nel paragrafo “Un problema aperto”.
Quando ci si rende conto che (rispetto a questo problema) quello che succede con le facce di un poliedro è sostanzialmente la stessa cosa che succede con le regioni del piano, possiamo anche rimanerne sconcertati.
Da una parte si ha una situazione tridimensionale, e dall’altra siamo su un foglio di carta, piatto; da una parte si parla di un oggetto, limitato, che possiamo tenere in mano, dall’altra abbiamo l’intero piano, illimitato: sembra proprio di essere in due mondi diversi che non possano avere nulla in comune! Invece ecco qua una questione che sembra portare a “fatti” molto simili e che anche si giustifica in maniera molto simile.
Questo sconcerto e il fascino che esso suscita possono essere utilizzati dall’insegnante come leva che faccia scattare nei ragazzi la curiosità e il desiderio di approfondire.
Scenari possibili
Questo problema è stato proposto con successo ad alunni delle classi terze della scuola secondaria di primo grado.
Per la semplicità della sua formulazione si presta ad essere presentato anche ad alunni più giovani, per i quali però potrebbe essere (forse) più complesso riuscire ad argomentare le proprie posizioni.
La richiesta di argomentare l’impossibilità di colorare il cubo a scacchiera rende invece questo problema interessante anche per le classi prime della scuola secondaria di secondo grado.
Materiale necessario
Carta e penna possono essere utili, così come forbici e colori, per costruire modellini di cubi. Eventualmente forbici e colori possono essere sostituiti da tessere quadrate di polydron [1], di due colori diversi, ma non è affatto indispensabile.
Qualora si decidesse di ampliare il problema secondo le indicazioni espresse nel paragrafo “Un problema aperto”, si potrebbe per esempio mettere a disposizione degli alunni una decina di poliedri, chiedendo loro di separare quelli che possono essere colorati a scacchiera da quelli che non possono esserlo.
Note
[1] Il polydron è uno strumento, come altri esistenti in commercio, che consiste di tessere poligonali di diverse forme, con la possibilità di incastrarle fra loro.